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Crowdfunding per le imprese

Crowdfunding per le imprese

Oggi abbiamo piacere di approfondire un argomento di particolare interesse per le aziende. Oggi parliamo di Crowdfunding.

Il Crowdfunding è un fenomeno descrivibile come quel processo attraverso il quale più persone (folla o crowd) conferiscono somme di denaro (funding) attraverso un portale internet, senza l’ausilio di intermediari finanziari. Lo scopo è quello di finanziare un progetto imprenditoriale (ma anche altre iniziative) nei settori più disparati ricevendo in cambio un utile nell’ipotesi di un finanziamento imprenditoriale, oppure un riconoscimento nel caso il cui la raccolta abbia un fine sociale.
Il Crowdfunding è senz’altro un metodo di finanziamento innovativo, tant’è che negli ultimi anni sono stati registrati livelli di raccolta estremamente significativi. Permangono però molte incertezze legate alla scarsa conoscenza delle implicazioni pratiche ed alle modalità con le quali le imprese acquisiscono denaro attraverso le piattaforme digitali.

Che differenza intercorre tra tale canale di raccolta fondi e quelli tradizionali?

Gli elementi che differenziano questo fenomeno dai canali tradizionali (come ad es. Venture Capital e Business Angels) vanno ricercati:

  • da un lato, nella prevalente partecipazione di investitori non professionali
  • dall’altro, nel mezzo scelto cioè le piattaforme online in cui materialmente avviene l’incontro tra la domanda e l’offerta. Le operazioni si svolgono soltanto on-line: è proprio qui, infatti, che colui il quale intende pubblicare il progetto sul sito web della propria piattaforma digitale indica sia la somma potenzialmente necessaria per la realizzazione del progetto, sia l’eventuale remunerazione che intende riconoscere ai suoi sottoscrittori.

Le diverse tipologie di Crowdfunding

Equity Based: gli investitori, in cambio del proprio apporto di risorse finanziarie, ricevono una quota nel capitale dell’impresa. I crowdfunders dunque entrano a far parte della compagine societaria degli emittenti, effettuando i relativi conferimenti attraverso portali online regolati, controllati ed autorizzati dalla Consob.

Donation Based: i sostenitori effettuano donazioni per scopi prevalentemente filantropici, senza ricevere alcuna ricompensa. Sul piano giuridico l’operazione è quindi equiparabile ad un contratto di donazione.  

Lending Based: gli investitori sono ripagati nel tempo ed il margine di redditività è rappresentato dagli interessi concordati nella fase iniziale di apporto delle risorse. Diversamente dal credito bancario, dove la fonte del prestito è unica, nel crowdfunding le imprese attingono risorse in prestito da decine o centinaia di persone disposte a prestare danaro. Esse stesse lanciano offerte circa il tasso d’interesse al quale sarebbero disposte a concedere il prestito. Per questa tipologia possono essere previste due forme di mediazione:

  • una effettuata dal gestore del sito internet con potenziali finanziatori e prenditori;
  • una in cui lo stesso gestore svolga attività di intermediazione bancaria, provvedendo cioè ad impiegare le somme raccolte tra i prenditori, valutandone il rischio e la remunerazione.

In Italia, il modello del lending-based crowdfunding viene utilizzato principalmente per operazioni di “micro-finanza”, ed è rivolto ad una clientela con basso grado di solvibilità. Per tali operazioni, gli investitori corrono dunque rischi evidenti, di conseguenza i tassi di rendimento sono più elevati rispetto alla media dei finanziamenti tradizionali bancari.

Ricordiamo inoltre che tali piattaforme – ai sensi del nuovo art. 100-ter, comma 1-ter, T.U.F. 13 – possono proporre obbligazioni o titoli di debito (sebbene in modo riservato e nei limiti stabiliti dal codice civile) agli investitori professionali nonché a particolari categorie degli stessi, eventualmente individuate dalla Consob.

La disciplina del Crowdfunding

L’Italia è stato il primo Paese in Europa ad essersi dotato di una normativa specifica e organica sul crowdfundig, seppur dedicata solo alla negoziazione di partecipazioni sociali (equity-based). Si tratta di un modello complesso ed introdotto per la prima volta nel 2012 tramite il c.d. “Decreto crescita 2.0”, recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”.

Nello specifico, l’obiettivo era quello di sviluppare anche nel nostro Paese un sistema normativo in grado di favorire la capitalizzazione e il finanziamento delle PMI anche da parte di entità non bancarie. È risaputo, infatti, quanto queste ultime abbiano sempre più difficoltà ad erogare prestiti alle piccole e medie imprese sia per la crescente presenza di crediti in sofferenza ormai non più sostenibili, sia per la previsione di regole sempre più stringenti. Negli ultimi anni il mercato bancario ma anche quello finanziario sono stati investiti da un alto livello di dinamismo e innovazione dipeso sia dall’evoluzione della tecnologia digitale sia dall’internalizzazione dei mercati: ciò ha destato l’attenzione del legislatore comunitario intervenuto con il Regolamento (UE) 2020/1503 del 7 ottobre 2020 ma anche con ulteriori Regolamenti Delegati, prevedendo nuovi obblighi autorizzativi per i soggetti che intendono prestare attività di equity crowdfunding o lending crowdfunding. Si impongono, dunque, valutazioni in ordine ai requisiti richiesti dalla normativa applicabile, nonché attività di assessment rispetto all’attuale conformazione degli operatori ai fini della presentazione delle istanze.

I soggetti che vorranno gestire piattaforme di crowdfunding equity-based o lending-based dovranno, quindi, ottenere le autorizzazioni in base all’Art. 12 del Regolamento (UE) del 2020/1503, che prevede appunto regole uniformi definite a livello europeo.

In data 11 novembre 2023 è entrato in vigore il nuovo Regolamento, adottato in attuazione della Direttiva Europea 2020/1503 e del TUF-Testo Unico Finanza articoli 4-sexies e 100-ter. Esso contiene tutti i requisiti che gli operatori del crowdfunding dovranno possedere per continuare ad operare e/o per iniziare le attività di raccolta fondi su piattaforma digitale.

Il fine è quello di favorire la creazione di un mercato unico ma soprattutto fornire una maggiore tutela per gli investitori.

Sono state altresì introdotte alcune regole che cambiano il precedente quadro regolamentare:

  1. la raccolta massima è consentita fino a euro 5 milioni complessivi per ciascuna start-up;
  2. gli operatori di crowdfunding sono tenuti a rispettare, nella comunicazione e nella proposta di adesione all’investimento, criteri di maggior chiarezza e trasparenza, per la protezione degli investitori;
  3. gli investitori vengono classificati come sofisticati o non sofisticati (quelli non professionali); a questi ultimi si applicano tutele specifiche come il diritto di ripensamento dopo quattro giorni (che a sua volta comporta il diritto di recesso da ciascun investimento sottoscritto senza l’applicazione di penali);
  4. prima di poter accedere operativamente alla piattaforma e quindi effettuare l’investimento, per ogni investitore sono previsti un test d’ingresso e una simulazione della capacità di sostenere le perdite. Il primo è costituito da un questionario che consente all’operatore di valutare la comprensione del rischio da parte del potenziale investitore, l’esperienza, la situazione finanziaria e il target dell’investimento.

Tramite il link sottostante è possibile consultare il Comunicato Consob del 5/06/2023

Per approfondimenti su questo e altri argomenti, lo Studio Peluso Avvocati è a vostra disposizione ➡ studiopeluso.com/contatti/

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